Cittadinanza Attiva e democrazia

Cittadinanza Attiva e democrazia

Da molto tempo si sente parlare di Cittadinanza Attiva nel nostro paese, lo fanno le associazioni dei consumatori, lo fanno alcune forze politiche e non sempre però questa realtà viene relazionata alla Democrazia.
Ci sarebbe, prima di tutto da mettersi d’accordo su cosa significa Democrazia e qual è il suo reale valore nei diversi consessi umani e sociali. Io credo, e non credo di essere il solo, che la Democrazia sia uno status concetto che si unisca al concetto della libertà di scelta ma ancor più alla libertà di scelta consapevole. Per esempio la supposta superiorità occidentale in materia di democrazia, a mio avviso, è molto discutibile.
Faccio solo due esempi: negli stati uniti d’america il sistema elettorale è fortemente condizionato dalle lobby e a votare non vanno nemmeno il cinquanta per cento degli aventi diritto; si può definire una democrazia completa e sufficiente? Mi si potrebbe rispondere che gli assenti hanno sempre torto ed è vero ma questo dovrebbe valere anche per le altre comunità umane e sociali. Anche nei paesi a democrazia limitata come la Turchia, l’iran, la russia e la cina i cittadini potrebbero ribellarsi ma se non lo fanno non è per mancanza di coscienza civica bensì perché gli è vietato dalle condizioni economiche e dalle ferree leggi imposte da un potere dispotico.
In inghilterra, da molti definita la culla della democrazia, il sistema uninominale spesso porta sui seggi parlamentari un personaggio che ha raccolto nemmeno il trenta per cento dei consensi ma quel sistema viene considerato, a mio avviso, erroneamente, autenticamente democratico.
Etimologicamente la parola Democrazia significa potere del popolo ma questo non basta a definirne i confini perché sappiamo che il popolo ha poche possibilità di incidere sulle regole che devono sovrintendere ai processi democratici di una comunità umana e sociale.
Le comunità sono di diversa origine e di diversa composizione. Comunità è la famiglia, comunità è un condominio o un quartiere ma comunità è anche un’associazione, un comune o uno stato. Dicevo che ci vogliono regole condivise per far si che una comunità funzioni ma spesso questo non si sposa con il concetto di vera democrazia poiché le regole sono scritte dalla maggioranza e ancor più spesso da chi gestisce e governa la comunità.
Solo apparentemente l’Italia è un paese autenticamente democratico ma in realtà è gestito da regole fissate di volta in volta da una minoranza e questo condiziona ogni scelta e ogni possibilità di crescita collettiva in termini di partecipazione.
La Cittadinanza Attiva presupporrebbe che ogni componente di una comunità si rendesse parte attiva per evitare di subire le scelte di altri ma questo accade solo relativamente.
Mi chiedo, con una iperbole: è possibile una Democrazia davvero come potere del popolo o piuttosto si tratta di una utopia come quella di Platone?
Credo che in realtà molto dipenda da quando i componenti di una comunità sappiano essere davvero liberi da condizionamenti e da posizioni di comodo.
Nella comunità dei Ciechi e degli Ipovedenti vi sono tante realtà diverse e diversamente collocate nella storia. Esiste la storica Unione Italiana dei Ciechi prima e poi anche degli Ipovedenti e poi esistono, nate da scismi da questa numerose realtà di diversa grandezza e diversi obiettivi ma questo è sintomo di democrazia?
Apparentemente si perché si potrebbe dire che i Ciechi e gli Ipovedenti scelgono liberamente a chi appartenere e perché ma in realtà sono solo delle organizzazioni condizionate da personalismi che poco hanno a che fare con la partecipazione democratica piena e consapevole. Tutte le organizzazioni sono legittime e i loro dirigenti sono rispettabili fino a prova contraria ma nel nostro paese mancano i sistemi di garanzia che tutelano i singoli rispetto ai vertici delle loro comunità.
Poi, all’interno di tutte queste organizzazioni vi sono più o meno diffusamente, regole democratiche poco chiare e spesso fatte per avvantaggiare chi sta in quel momento al potere. Ci sono organizzazioni che hanno scelto di assicurare la presidenza a vita per il loro presidente.
Insomma il principio democratico spesso si coniuga a seconda degli interessi del gruppo di potere che lo gestisce o meglio che lo interpreta a suo uso e consumo.
Tuttavia, la democrazia, sia pur limitata, è sempre meglio di qualsiasi dittatura o autograzia e questo in tutte le realtà.
In questi giorni per esempio si parla molto dello stato psicofisico del presidente degli Stati Uniti d’America e pochi spiegano che dovrebbe esserci un provvedimento del parlamento per metterlo in stato di accusa se pur per queste difficoltà.
Nell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti si discute a bassa voce della possibilità di arrivare al congresso del prossimo anno in modo condiviso e garantito per tutte le forze in campo ma in realtà nonostante gli appelli a deporre le armi, tutti aspettano che a deporle fossero gli altri.
Io sostengo, e non da ora, che si potrebbe sanare la rottura con un gesto pacificatore che dovrebbe vedere cancellate: querele, deferimenti, punizioni, cause e quant’altro sul tavolo per aprire una fase nuova.
Come attuare la nuova fase?
A mio avviso la nuova fase dovrebbe partire sotto l’egida di una autorità superiore come il ministero che si erga a moderatore e assicuri parità di condizioni per tutti.
Si verifica che davvero tutto è stato cancellato rispetto alle questioni della crisi; si scelga una commissione di garanzia davvero garante di tutti nel rispetto pieno dello statuto;
si scelga una commissione elettorale nella quale siano coinvolti tutti i concorrenti e con un presidente indicato dal ministero o dalla corte d’appello;
si condividano anche le modalità di raccolta delle firme sulle candidature e si consenta a tutti di candidarsi per ogni ruolo.
Se questo accadesse ritengo che potremmo ripartire con forza a difesa della nostra storia e dei diritti di tutta la categoria.
Se tutto questo non accadrà l’associazione corre gravi rischi e questo non farà bene a nessuna delle parti in commedia.
Se il segnale di pacificazione non viene dai vertici, esiste solo una possibilità: i presidenti provinciali e regionali si facciano promotori di una iniziativa in merito e diano un segnale nuovo.
Ma sarà pace?
Ai posteri il giudizio.