UICI – GRANDI MANOVRE GIÀ INIZIATE NELL’ANNO CONGRESSUALE: COSA CAMBIERÀ E COSA DOVREBBE CAMBIARE

UICI – GRANDI MANOVRE GIÀ INIZIATE NELL’ANNO CONGRESSUALE: COSA CAMBIERÀ E COSA DOVREBBE CAMBIARE

Ogni cinque anni l’associazione che cerca di rappresentare tutti i ciechi, celebra il proprio Congresso il quale dovrebbe essere un alto momento di democrazia, momento in cui si dice, si dà la parola alla base.  

Questo evento prevede un protocollo che dura praticamente una decina di mesi.

Si stanno ora organizzando le assemblee sezionali che si svolgeranno ad aprile e che dovranno eleggere i consigli sezionali e i delegati al congresso.

I consigli sezionali poi, nomineranno i presidenti sezionali i quali parteciperanno al Congresso.

In questi giorni sentiamo parlare di tante manovre:

qualcuno che era in consiglio regionale che vuole tornare a fare il presidente della propria sezione ritenendo probabilmente che chi lo ha sostituito in questi cinque anni abbia tenuto caldo il posto per il ritorno; poi c’è qualcuno che cerca di arrivare a farsi eleggere nella propria sezione perché economicamente molto ben messa e via discorrendo.

Ma senza scendere in altri particolari mi interessa analizzare la democraticità del processo, per poi capire quale cambiamento attenderci e quale cambiamento sarebbe invece auspicabile.

Le assemblee sezionali eleggeranno i delegati al congresso: i soci sono chiamati a scegliere chi voterà per loro conto al Congresso; peccato che sia un’elezione al buio dato che i candidati a formare il consiglio nazionale e alla carica di presidente si conosceranno ufficialmente solamente dopo un paio di mesi dalle elezioni sezionali.

Ora si sa solo che il presidente uscente si ricandiderà dato che in 105 anni di storia, se il presidente sta in salute si ricandida sempre e sempre vince.

A questa dinamica è sfuggito solo Aurelio Nicolodi in quanto allontanato dal regime fascista nel 1943, ma quelli erano altri tempi e vicende tristi che speriamo non si ripeteranno più.

Quindi democrazia molto latitante, rispetto dei soci assente e naturalmente partecipazione alle assemblee dei soci stessi di solito attestata poco sotto il 10%, approssimando per eccesso.

Certo va detto che la partecipazione non è bassa solo per questo motivo, ma questa problematica meriterebbe di essere trattata in un articolo specifico.

Una cosa certa è che per chi governa l’associazione, una bassa partecipazione conviene in quanto in questo modo le assemblee sono più facilmente controllabili.

C’è poi da ricordare che il Congresso avrebbe il compito di gestire le eventuali variazioni allo statuto.

Il precedente Congresso, quello straordinario dell’ottobre 2023, stabilì che una commissione avrebbe dovuto occuparsi delle variazioni da proporre in vista dell’attuale Congresso.

L’assise del 2023 non riuscì neppure a far inserire le norme per impedire ai vertici di candidarsi alle elezioni politiche o amministrative con questo o quel partito demandando tale incombenza proprio a questa commissione.

Ad oggi cosa abbia partorito la commissione non è dato sapere.

Quindi ricapitolando dal punto di vista di un socio:

debbo eleggere un delegato che voterà per me non so chi; debbo votare un delegato che  voterà variazioni di statuto che non conosco; di fatto quindi, essendo cieco, debbo votare al buio in tutti i sensi.

Anche sul versante statuto possiamo concludere che ciò che partorirà la commissione sarà valutato dalla direzione UICI che emenderà secondo quanto sarà ritenuto più opportuno e conveniente; il Congresso, che sarà composto da una maggioranza di delegati che eleggerà, come è sempre avvenuto, il presidente uscente e quindi non potrà che confermare quanto verrà proposto dalla direzione stessa.

Naturalmente tutto questo sarà sempre negato dai vertici associativi, ma è semplicemente una questione logica che difficilmente può essere confutata.

Tutto ciò detto quindi, quali cambiamenti attenderci? Assolutamente nessuno.

Potremo già, con molti mesi di anticipo, congratularci col dottor Barbuto per la sua riconferma.

Quali cambiamenti sarebbero auspicabili?

UICI dovrebbe porsi come mission, la soluzione di un problema che è IL PROBLEMA per i non vedenti: l’integrazione scolastica o, per meglio dire, la coeducazione come la chiamava Augusto Romagnoli.

Avrebbe dovuto occuparsene concretamente già da almeno quarant’anni, ma a parte una montagna di parole e otto Congressi, le cose che si dovevano fare non si sono mai fatte.

Cosa si doveva fare e si dovrebbe fare lo sanno tutti: i nostri ragazzi debbono essere addestrati bene con il metodo Romagnoli, come è avvenuto per i ciechi del 900 che sono passati dal mendicare ai vertici della società. E una volta preparati ad affrontare la vita e lo studio nonostante la disabilità possono essere inseriti nelle scuole normali per la coeducazione: Romagnoli indicava la classe quarta come un punto di svolta ma il quando non è importante.  

Rispetto a questo processo educativo non è che si debba essere concordi o meno: basterebbe solo confrontare i risultati ottenuti dai ciechi nel 900 e quelli attuali.

Ma ammesso che si volesse tutti andare verso questa direzione, oggi ci sono presenze all’interno di UICI in grado di avere la forza per farsi portatori di una tale rivoluzione?

Non ci sono oggi come non ci sono state negli ultimi cinquant’anni.

E perché di tale problema se ne deve obbligatoriamente occupare UICI? Perché è l’interlocutore privilegiato dallo stato italiano. Quando un secolo fa si studiavano i modi per educare i ciechi, fu un cieco, il Romagnoli, a proporre il metodo allo stato.

Oggi le figure apicali UICI non hanno le capacità necessarie per affrontare certe battaglie strutturali.  

In generale tra i ciechi di figure capaci di impegnarsi in battaglie di questo tipo non ce ne sono tante, ma in ogni caso la chiusura di UICI impedirebbe a chiunque di poter provare a fare qualcosa in questo senso.

Teniamo conto che nell’ultimo secolo ci sono stati più papi che presidenti UICI!

Se i Congressi riconfermano sempre gli stessi a priori, cosa potrà mai cambiare?

Concludendo posso dire  che ci apprestiamo a vivere un rito che si ripete sempre uguale di quinquennio in quinquennio con qualche variazione quando l’età o la salute di un presidente entrano in crisi, con buona pace dei nostri bambini che vengono educati e istruiti in modo inadeguato, e con buona pace delle loro vite che  da tutto questo saranno ulteriormente rese più difficili.